Come eseguire il restauro dell’intonaco di facciata

Nella pianificazione delle nostre città il tema della riqualificazione urbana occupa un posto centrale. Ne deriva che gli interventi progettuali sono maggiormente mirati a riconnettere tra loro spazio aperto e volume costruito, un concetto che abbiamo già trattato in un precedente focus dedicato alla riqualificazione delle facciate.

Continuiamo a parlare di interventi sull’esistente, nello specifico del restauro dell’intonaco di facciata degli edifici dei centri storici. La trattazione che segue deve essere considerata come una breve guida con indicazioni di massima da adottare. Solo un approfondito studio del singolo caso e la competenza professionale del progettista incaricato possono portare all’elaborazione della soluzione più idonea.

Il restauro dell’intonaco di facciata

Con il restauro della facciata è possibile recuperare l’immagine dell’edificio, spesso trascurata o dissipata a favore di soluzioni stratificate e sovrapposte nel tempo, legate a gusti ed esigenze non supportate da una linea di coerenza e rigore che il testo urbano di un centro storico richiede.

Prima di procedere con la demolizione dell’intonaco esistente, sarebbe buona prassi accertarsi che non ci siano pitture e intonaci degni di essere salvaguardati. Una volta verificata l’assenza di questa evenienza si può procedere alla demolizione del supporto intonacato.

Demolito il vecchio intonaco, bisogna pulire accuratamente tutta la superficie muraria, eliminando ogni possibile traccia di unto, ogni particella mobile e tutta la polvere, spazzolando abbondantemente.

Il restauro dell’intonaco di facciata: come eliminare i sali presenti

Prima di stendere il nuovo intonaco, serve bagnare il vecchio paramento murario. Questa operazione è fondamentale per la buona riuscita dell’intervento e la resistenza del nuovo intonaco nel tempo. La muratura bagnata potrà emettere in superficie tutta l’umidità intrisa di microrganismi e soprattutto di sali igroscopici, che sono la causa principale della formazione del salnitro che col tempo può portare alla formazione di chiazze giallognole, muffe o efflorescenze.

Bisogna bagnare abbondantemente la muratura finché questa non sia satura; in questo modo tutti sali in essa contenuti possono sciogliersi. Si suggerisce di fare quest’operazione prima dell’estate, in modo da sfruttare il periodo estivo per far sì che l’umidità del muro possa evaporare completamente, e poi procedere con la posa del nuovo intonaco.

La realizzazione del nuovo intonaco di facciata: metodo e suggerimenti

Le fasi di realizzazione dell’intonaco sono quelle tradizionali, ovvero:
1. primo strato: rinzaffo;
2. secondo strato: arriccio o arricciatura;
3. terzo e ultimo strato: intonachino.

Ma qual è l’intonaco più idoneo da usare nei restauri? Sicuramente materiali della tradizione come la calce aerea, la calce idraulica, il gesso e il grassello di calce per l’intonachino.

Per procedere alla stesura del primo strato di rinzaffo vengono realizzate poste e guide, che servono a dare la giusta direzione di posa in modo da avere un intonaco perfettamente complanare. Per non correre il rischio che, una volta asciutto l’intonaco, si intraveda la posizione delle guide, si suggerisce di realizzare le guide con lo stesso tipo di malta che verrà usata in seguito e di stendere il primo strato dell’intonaco prima che le guide siano asciutte.

Per realizzare l’arriccio vi sono due metodi nettamente distinti:
– stendere l’arriccio prima che il rinzaffo sia asciutto;
– stendere l’arriccio quando il rinzaffo è ben essiccato.

La scelta di uno o dell’altro deve scaturire da un attento confronto tra progettista e maestranze.

Una volta steso l’intonachino è opportuno bagnare a pioggerella la superficie intonacata per ritardare l’essiccamento, in modo da limitare possibili cavillature e rendere allo stesso tempo più resistente l’intonaco.

Come realizzare l’intonachino

L’intonachino, l’ultimo strato dell’intonaco, ha uno spessore sottilissimo. Può essere eseguito con diversi strumenti e modalità, in base ai quali la superficie intonacata assume differenti effetti estetici.

Tra i più diffusi si elencano:
– l’intonaco frattazzato; lo strumento utilizzato è il frattazzo, appare e liscio ed omogeneo, può essere senza rigature o con leggere rigature;
– l’intonaco lamato, si realizza con cazzuole o lame metalliche ed è perfettamente liscio;
– l’intonaco graffiato, si realizza con tavole di legno o lastre di vetro ruvido, al tatto e alla vista è scabro, può essere a fasce orizzontali o verticali;
– l’intonaco pettinato, realizzato con pettini di legno o acciaio, è striato a solchi orizzontali o verticali molto marcati;
– l’intonaco picchiettato, realizzato con strumenti dotati di punte che scalfiscono uniformemente la superficie, ha un effetto visivo simile al puntinato;
– l’intonaco spazzolato, si realizza applicando nello strato di finitura inerti, scaglie di terracotta o pietra naturale macinata.
– l’intonaco spruzzato, si realizza spruzzando l’ultimo strato con cazzuole o attrezzi meccanici, alla vista è uniformemente granuloso.

Passaggi successivi: la tinteggiatura

Si può concludere l’intervento di ripristino con una tinteggiatura a base di calce. La pittura a calce ha notoriamente poca resistenza agli agenti atmosferici e al contatto. Per ovviare a questi inconvenienti, la produzione offre oggigiorno soluzioni molto performanti. Si tratta di tinteggiature a base di calce arricchite con degli additivi che permettono di limitare i difetti, mantenendo contemporaneamente non solo le prerogative estetiche, ma anche quelle tecnologiche, come la traspirabilità della tinta, che permette alle vecchie murature di respirare limitando i danni dell’umidità.

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